Congresso PD Venezia. Tempo di ricorsi:nel mirino il circolo Mobilità e Trasporti.

pd venezia

Nel pieno del fuoco delle polemiche per le primarie che si sono celebrate domenica scorsa a Roma e Napoli, ora anche nel PD veneziano c’è chi chiede di vederci chiaro sulla regolarità del congresso.

In particolare, qualcuno si è preso la briga di presentare ricorso e di segnalare alla commissione elettorale un paio di elementi di anomalia per quanto riguarda il circolo Mobilità e Trasporti, che si era riunito lunedì 29 febbraio registrando una partecipazione-record di votanti rispetto a tutti gli altri circoli. Sono stati infatti 172 i voti validi per i candidati segretari del PD metropolitano (con un esito quasi alla pari tra gli 89 voti andati a Fabio Poli e gli 83 per Gigliola Scattolin) e 171 per quelli del comunale di Venezia (qui ha vinto Maria Teresa Menotto con 93 voti, seguita da Alessandro Baglioni con 56 e Alessandra Miraglia con 22).

Tanto per fare un raffronto, aree territoriali di un certo rilievo come Chioggia-Sottomarina o San Donà di Piave o Mestre centro, hanno segnato partecipazioni che si sono fermate molto lontane, rispettivamente con 134, 120 e 96 voti validi. Altro dettaglio curioso è che il circolo Mobilità e Trasporti ha avuto un’impennata di iscritti che non trova paragoni in questa stagione di oggettiva difficoltà al reclutamento, passando dai 170 del 2014 ai 257 del 2015, con un incremento di oltre il 50%.

Sono altri però gli elementi di anomalia che sono stati segnalati e che dunque verranno messi a verifica. Il primo riguarda il chi può iscriversi ad un circolo tematico come quello di cui sopra (ma le questioni poste possono essere benissimo estese a tutti i circoli dell’area lavoro come ad esempio Veritas o i ferrovieri). Possono iscriversi solo i dipendenti delle aziende di trasporto e di imprese che lavorano nell’indotto? Oppure possono iscriversi anche le mogli degli autisti? Qualcuno infatti sostiene e segnala che di questi casi ce ne sia almeno una decina.

La commissione elettorale ha dichiarato la non ammissibilità del ricorso perché giunto fuori tempo massimo: ma il compito di prendere in esame la faccenda spetterà comunque al segretario del circolo Maurizio Madricardo e alla commissione di garanzia provinciale.

Sarà invece il PD regionale a valutare una seconda questione, non meno pesante: è legittimo che tutti gli iscritti al circolo Mobilità e Trasporti che hanno votato per il congresso metropolitano, abbiano anche partecipato al voto per il congresso comunale di Venezia? In base a quale logica i residenti in altri Comuni hanno potuto determinare le sorti di un congresso comunale che di fatto non gli appartiene? Questo nodo non è nuovo e c’è chi sostiene che sia sempre passato in cavalleria nei precedenti congressi. Con la differenza che questa volta l’esito del circolo più grande in assoluto ha un peso specifico notevole sull’esito finale di tutta la partita comunale.

Fondate o meno che siano le ipotesi di irregolarità, il congresso del PD veneziano vive dunque i suoi tempi supplementari: si vedrà con quali esiti.

Family Day, lo scontro Brugnaro-Zucconi. Tra volgarità e faziosità, l’indecenza è pari.

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Sì, d’accordo: Luigi Brugnaro ha insultato Vittorio Zucconi con una verve volgare di esplosiva potenza. Di fronte a questa ennesima volta risulta persino scontato dire, per l’ennesima volta, che è del tutto indecente che il sindaco di una città come Venezia si comporti in quella maniera. Se si resta all’ascolto di quel paio di minuti di registrazione il giudizio non può che essere questo.

Se però l’audio della trasmissione andata in onda su Radio Capital venisse ascoltato per intero (clicca qui il link) e non solo per quel paio di minuti di ira furente del primo cittadino, magari (approccio chiaramente facoltativo e non obbligatorio) si potrebbe anche cogliere la faziosità irridente della puntata di questa trasmissione, Tg Zero, che aveva per tema il Family Day e i diritti civili.

Una carrellata di prese in giro condita dalla messa in onda dell’inno ufficiale del Family Day, fino ai contributi dedicati a Radio Maria che ‘ne sta sparando di tutti i colori…: una campagna della Madonna’ e ai neocatecumenali.
La presentazione di Brugnaro, fatta dal conduttore Edoardo Buffoni pochi minuti prima della diretta telefonica è questa: tra poco avremo un sindaco importante. Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ci spiegherà perché lui ci va: lui è un convinto sostenitore del Family Day (‘mah…’ commento di Zucconi) quindi è un convinto avversario della Legge Cirinnà sulle unioni civili (‘mah…’ nuovo commento di Zucconi) e quindi ci spiegherà il perché e il per come…. Lui è uno che ha sostenuto che i gay pride sono delle pagliacciate…. (‘Guai!! A Venezia nooo…’ commenta ancora sarcastico Zucconi).

Insomma, la presentazione è di quelle in stile ‘preparatevi che arriva il fenomeno e noi ve lo cuciniamo per bene’. A tal punto che un ascoltatore manda un mail alla trasmissione e chiede ai conduttori il perché dell’ironia sul Family Day. Per dimostrare che non siamo affatto ironici – risponde Buffoni – noi tra poco sentiremo un importante sindaco, il sindaco di Venezia, capoluogo del Veneto, che sta per scendere con i pullman al Circo Massimo e ci spiegherà le ragioni di questa manifestazione’. ‘Tutti….Diamo voce a tutti – incalza Zucconi – ma… consideriamo questa ossessione, questo terrore nell’estendere i diritti a tutte le persone e ai loro bambini, un segno della nostra spaventosa arretratezza civile in Italia…’.

family DayBrugnaro viene quindi precotto a puntino, con un approccio che di giornalistico non ha nulla perché basato su un pre-giudizio senza possibilità di appello. Lo scontro, confuso ed ingestibile, è inevitabile. Legge Cirinnà, Family Day, diritti, adozioni e utero in affitto si mescolano vorticosamente.

Proprio sull’utero in affitto Brugnaro, per tutto il collegamento, gioca fin dall’esordio tutte le sue carte: ‘L’adozione del figlio naturale darà un incremento a questa cosa che è illegale in Italia e in molti Paesi del mondo: è l’idea che un bambino si possa comprare… si sfrutta l’utero di una donna spesso povera… si va a progettare un bambino sulla carta, si compra e si porta a casa. Questa è una cosa tremenda perché favorisce uno sfruttamento che non è concepibile… Non c’è una lotta contro le coppie omosessuali. Massimo rispetto per chiunque. Non c’è una battaglia ideologica…’.
Noooooo
– ribatte sarcastico Zucconi – non è una battaglia ideologica….’).

Le schermaglie proseguono: Zucconi chiede a Brugnaro come faccia a dire che siamo invasi da una marea di uteri in affitto, al che il sindaco cita un filmato che lui stesso ha retwittato e che parla di una clinica in India… Zucconi risponde citando un altro video simile, che mostra feti abortiti in USA, e sottolinea che c’è una sentenza che ne ha dichiarato la falsità…

Per inframezzare la scazzottata verbale che aleggia già nell’aria, i due conduttori sottopongono Brugnaro ad alcune domande valide per il loro test di inciviltà, alle quali il sindaco risponde con questi passaggi, che sicuramente gli servono per rinviare ad libitum le questioni ma che al tempo stesso non paiono frutto di una visione nazista:

Che ne pensa della pensione di reversibilità per le coppie omosessuali?
Risposta: Parliamo di diritti patrimoniali: lo Stato italiano, quando dovrà rivedere la questione, dovrà farlo per tutti. Se il sistema pensionistico non sta in piedi, non sta in piedi per nessuno…. Non ci sono i buoni e i cattivi…’.

Lei accetta che una coppia omosessuale possa adottare un bambino senza la tecnica dell’utero in affitto, ad esempio da un orfanotrofio?
Risposta: ‘Certo, ma questo va discusso attraverso una apposita legge. Va fatta una legge specifica, ma non c’entra nulla la differenza tra coppie etero e omosessuali…’.

Le Coppie di donne omosessuali che vogliono avere figli, possono averli?
Risposta: ‘Secondo lei vuole che lo decido io? Ognuno farà secondo coscienza, ci mancherebbe altro. Io non posso entrare nella vita delle persone, massimo rispetto per tutti…’. E precisa ancora: Bisogna dare diritti alle coppie omossessuali, come è normale e giusto…’.

Ad un certo punto Zucconi tira le somma del Brugnaro-pensiero: La legge Cirinnà andrebbe bene togliendo l’aspetto della possibilità di comperare i bambini attraverso l’utero in affitto….’. Nella marea di confusione, alimentata anche dallo stesso Zucconi su cosa dica o non dica la Legge Cirinnà, comunque Brugnaro conferma la bontà dell’interpretazione.

Ed è appunto sull’utero in affitto che esplode il putiferio.
Il sindaco precisa che ‘…sto dicendo che c’è un mercato gigantesco che vuole prevedere la razza e la scelta delle persone. Il fatto stesso che ci sia la possibilità che io posso scegliere su un catalogo…. Tutti quanti dobbiamo impedire che la vita umana sia mercificata…’.
E in tutta risposta il giornalista va al contrattacco finale: Guardi sindaco, lei sta facendo una narrazione grottesca di una cosa che è drammatica… Come se si andasse a comprare un bambino, come andare a scegliere una bottiglia di vino piuttosto che un paio di scarpe…’.

A quel punto parte la ormai ben nota mitragliata di stronzi, cazzi e coglioni di Brugnaro all’indirizzo di Zucconi e della trasmissione.

Il collegamento viene interrotto con la considerazione che Brugnaro ‘ha fatto tutto da solo’. Zucconi tira nuovamente le somme. Parla di ‘intervista molto bella perché vi ha dato una dimostrazione di che genere di persone siano questi crociati, purtroppo alcuni di loro non tutti, che stanno scendendo a Roma. Ecco, avete sentito parlare uno dei massimi esponenti della crociata che sono sicuro piacerà molto a Radio Maria, avendo parlato di stronzi coglioni e farabutti, insultando le persone. Queste sono le crociate dei difensori della famiglia…’.

Immancabile e ovvio anche il riferimento a Venezia ‘dove ho parte della mia famiglia naturale, per carità… mi dispiace moltissimo che Venezia sia rappresentata così… Venezia è rappresentata da persone che non sanno controllare i propri nervi….’. ‘Diventa persino vile continuare a parlarne… siamo sommersi di sms e tweet… è una dimostrazione così evidente di una persona che perde il controllo che diventa da parte nostra maramaldo…lasciamolo nella solitudine di quello che ha detto….’.

Se è indiscutibilmente indecente l’ennesima esibizione volgar-isterica di Brugnaro, non meno indecente appare l’approccio di Zucconi e socio, pervasi da un estremismo che rischia seriamente di fare il paio con gli ideologi del Family Day alla Mario Adinolfi. Un approccio che mira diretto alla demolizione ridicolizzante, sommaria, in blocco, di tutti coloro che non la pensano come i sostenitori dei diritti civili. Non il modo migliore per affrontare, una questione complessa di questo genere.

Schermata 2016-01-30 alle 09.34.59Anche perchè, alla faccia del fair play e del ‘guai agli insulti’, Zucconi chiude la sua partita demolitrice estendendola anche a tutti i veneziani che hanno votato Brugnaro. Eloquente in questo senso il tweet di risposta ad un giornalista veneziano, indignato per gli insulti di Brugnaro: ‘Il sonno della ragione genera i mona…’.

Se Brugnaro sale sul palco del Family Day non esattamente in veste di educatore, al tempo stesso il palco di Zucconi è esattamente il contrario di ciò che si definisce esemplare.

Centri sociali. Da Venezia a Padova, la rivolta va in letargo.

Rivolta

Intendiamoci: i centri sociali sono ancora vivi e vegeti. Dai cambiamenti climatici alle trivellazioni, dalle battaglie contro il ‘terrorista’ Erdogan fino all’attivismo sul fronte del no alle grandi navi piuttosto che a difesa dei senza fissa dimora, i fronti che vedono impegnato questo pezzo di area antagonista sono molteplici.
Ma quale antagonismo politico esprimono oggi, a livello locale, i centri sociali?

Sia a Padova che a Venezia i due attuali sindaci, Massimo Bitonci e Luigi Brugnaro, hanno svolto e vinto le loro campagne elettorali tenendo strumentalmente nel loro mirino proprio i centri sociali, accusando il centrosinistra di averli sempre protetti e coccolati, anche quando volavano sampietrini e non ci risparmiavano i ciclici tafferugli, perlopiù contro gli storici nemici forzanovisti. Alla fine, la demonizzazione dei centri sociali si è rivelata, tanto per Bitonci quanto per Brugnaro, una delle carte indiscutibilmente vincenti nella loro corsa a primi cittadini.
Oggi, però, le cose sembrano stare in modo diverso.

Venezia. 17 giugno 2015: tre giorni dopo il trionfo fucsia, tre figure di punta come Tommaso Cacciari, Marco Baravalle e Michele Valentini, firmano sulla piattaforma globalproject.info (punto di riferimento per il ‘mediattivismo indipendente’), un editoriale dal titolo: “Il sacco della Laguna. L’affarista, il magistrato, i movimenti”.

I passaggi sono abbastanza eloquenti: “…le urne consegnano la Città in mano all’imprenditore-affarista Luigi Brugnaro…. “. ”…Ha vinto questo Berluschino in saòr, amico fidato di quello vero e del suo galoppino Brunetta…”. “…L’ abbiamo già detto come Brugnaro rappresenti il partito degli affari e dei poteri forti, un partito potente che nel caso delle elezioni a Venezia decide di bypassare di fatto la politica entrando direttamente in gioco…. Eppure, una grande verità è stata pronunciata – ironia della sorte – dalla bocca del neo-sindaco affarista: la vera ed unica opposizione sociale in città è rappresentata dai centri sociali…”.

Dopo quell’editoriale, il silenzio. O, meglio, a queste parole che facevano presagire un’opposizione critica di alto tenore al Berluschino in saòr, sta seguendo una fase dormiente. Una fase peraltro ben assecondata dallo stesso Brugnaro che in tutti questi mesi, nemmeno in occasione del raid vandalico degli anarchici a Venezia, si è minimamente pensato di gettare la croce addosso anche ai centri sociali. Cosa del tutto corretta ma che se fosse accaduta qualche mese prima avrebbe strumentalmente trovato il primo cittadino pronto ad imbracciare il lanciafiamme per cancellare dalla faccia del Comune ogni traccia, appunto, di antagonismo. Indipendentemente dalla sua natura.

La pax, se mai c’è stata vera guerra, si è sancita in occasione dell’accordo tra sindaco e Cooperativa Caracol per l’accoglienza all’interno del centro sociale Rivolta di 34 persone senza fissa dimora, al posto delle 24 degli anni scorsi: “Il servizio sui senza fissa dimora affidato al centro sociale Rivolta – queste le parole di Brugnaro – continua e anzi sarà potenziato. Abbiamo deciso di limitarlo ai mesi invernali, quando ce n’è più bisogno. Certo che il centro sociale dovrà rispettare le regole: se fai delle operazioni commerciali devi avere le autorizzazioni per farlo”. (La Nuova Venezia – 11 novembre 2015).

La bontà dell’iniziativa è fuori discussione. Tanto per capire però come cambiano i tempi, vale la pena di ricordare che nel 2002 gli allora capigruppo di Forza Italia e AN, Renato Brunetta e Raffaele Speranzon, ci andarono giù pesanti con la Caracol. In una ormai celebre conferenza stampa a Ca’ Farsetti sostennero che Tommaso Cacciari era socio della cooperativa sociale e che aveva senso parlare di ‘parentopoli’, visto che la Caracol riceveva finanziamenti dalla Giunta (l’allora sindaco era Costa) di cui faceva parte il padre Paolo. In tutta risposta Cacciari padre e Cacciari figlio presentarono querela. Il PM Tavernesi appurò che Tommaso Cacciari non fu mai amministratore o socio di quella cooperativa. Raffaele Speranzon venne condannato a 700 euro di multa e a 6.000 euro di risarcimento a Paolo Cacciari, il quale decise li devolverli in beneficenza alla Caracol per portare avanti il progetto a sostegno dei senza fissa dimora.

Brunetta immune, vale ancora la pena di ricordare che venne portato in tribunale anche l’allora redattore del Gazzettino, Silvio Testa, accusato di aver riportato sulla stampa quanto dichiarato nella conferenza stampa. Testa venne assolto ma, strani scherzi del destino, oggi è uno dei leader della protesta no grandi navi, a stretta distanza con Tommaso Cacciari.

Insomma, i tempi cambiano. Chissà cosa pensa oggi Brunetta, coscienza politica di Brugnaro, della Caracol e dei centri sociali. Però, si sa, passata la campagna elettorale-gabbato lo santo. E chi si è visto, si è visto: la sensazione è che l’anima commerciale possa mettere, in chiave di autorizzazioni cui il sindaco-imprenditore ha fatto riferimento, tutti d’accordo. Insomma, l’antagonismo politico può attendere, in nome di un reciproco interesse: se i centri sociali non faranno troppo casino in città (cosa che rientrava nella normale amministrazione ai tempi del centrosinistra) potranno proseguire tranquilli con le loro attività e le loro iniziative. Al tempo stesso, Brugnaro non sarà costretto ad usare il pugno duro per evitare di essere accusato di debolezza contro i suoi acerrimini nemici di campagna elettorale.

cso-pedroPadova. Qui la situazione sembra addirittura sedimentata. Pochi giorni fa il sindaco Bitonci, in risposta ad un’interrogazione del consigliere comunale e segretario provinciale del PD, Massimo Bettin, ha dichiarato che “in un modo o nell’altro, la situazione del centro sociale Pedro verrà regolamentata. O lì, cioè nell’immobile di via Ticino occupato dal 1987, o altrove. Ho di recente incontrato i ragazzi del Pedro proprio vicino al centro sociale occupato. Abbiamo chiacchierato un po’ e ci siamo trovati d’accordo su molte cose. Capisco che questo fatto, cioè che un sindaco leghista cerchi un’intesa con un gruppo della sinistra estrema, possa dare fastidio a qualcuno. Magari proprio al PD. Ma tant’è: nessuno scandalo. Le porte del Comune, come noto, sono aperte a tutti”. (Corriere del Veneto – 11 gennaio 2016)

Sempre nello stesso pezzo, le nuove leve del Pedro che hanno avvicendato Max Gallob non hanno mancato di rivolgere a Bitonci un cortese messaggio di risposta: “Relativamente ad alcuni temi e decisioni ci continueremo a battere contro Bitonci ma va dato atto che ha fatto quello che il Partito Democratico per vent’anni non ha fatto preferendo non parlarci né considerarci. Il PD ha sempre preferito rimanere sordo alle nostre istanze, costruire muri, emanare ordinanze sulla sicurezza, svuotare il centro storico dai giovani, non garantire le condizioni degne di accoglienza per i migranti”.

Peccato che in questi stessi giorni, malgrado la promessa di tenere alta la guardia contro Bitonci, da parte del Pedro non ci sia stata la minima levata di scudi in merito alla vicenda della Fiera delle Parole, che il sindaco vuole cancellare dalla città, malgrado il successo e lo spessore dell’iniziativa. Addirittura Bitonci ha stilato una lista di proscrizione, da Corrado Augias a Ezio Mauro: praticamente un foglio di via. Come annuisce Massimo Bettin, i centri sociali restano silenti e sono praticamente spariti in nome di un patto di non belligeranza col sindaco. Loro intanto, sempre dalle pagine di globalproject.info, respingono ai mittenti ogni ipotesi di patto con Bitonci e mettono sotto accusa i giornalisti, le loro ‘vene scandalistiche’ e i loro ‘tabloid da quattro soldi’.

PD. Sotto accusa, sulla linea Venezia-Padova, è principalmente il Partito Democratico, diventato praticamente un pungiball col quale si allenano all’unisono Brugnaro, Bitonci, Tommaso Cacciari (storico il suo tweet del 14 giugno a commento della sconfitta veneziana, con quel ‘di merda’ riferito al centrosinistra di marca piddina) e tutti i centrosocialisti. Indiscutibile l’alleanza di questi due fronti nel voler affossare i dem, spalleggiandosi l’un l’altro.

Al PD e a tutti i suoi antenati si possono indubbiamente rimproverare alcune cose, legatescontri cs venezia a più di qualche chiusura di occhio sulle attività dei centri sociali. Al tempo stesso però le prese di distanza dagli episodi violenti di un tempo che non è lontano ma che, alla luce dello scenario odierno, pare passato, fanno impallidire i Brugnaro e i Bitonci di oggi. Il centrosinistra ha governato Venezia e Padova in anni in cui la tensione scaricata dai centri sociali era decisamente sostenuta. Anni in cui il centrosinistra, nella formula del polo rossoverde, ha ondeggiato tra lavoro di mediazione politica e strappi interni, per gestire nel modo migliore il fronte antagonista. Non era un gioco da ragazzi.

Oggi di antagonismo politico-locale pare resti ben poco: i centri sociali non affondano più e, per non affondare, restano in superficie trovando facili punti di condivisione gestional-commerciale con l’imprenditore ed il leghista pasdaran, ben lieti questi ultimi di evitarsi battaglie sfiancanti e del tutto inconvenienti. L’unica cosa che conviene è essere tutti contro il PD.

Viene da pensare che per uscire da morse di questo genere, in generale, al PD non rimarrebbe che una scelta: diventare più antagonista. Nel senso di abbandonare quella strisciante tendenza nell’essere filo-governativi anche quando si è all’opposizione.
Ma questa è un’altra storia…

 

Link a contenuti citati:

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/il-sacco-della-laguna-laffarista-il-magistrato-i-movimenti/19204

http://ricerca.gelocal.it/nuovavenezia/archivio/nuovavenezia/2006/06/13/VM1VM_VM102.html

http://ricerca.gelocal.it/nuovavenezia/archivio/nuovavenezia/2008/11/19/VM2PO_VM203.html

http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2016/11-gennaio-2016/cso-pedro-svolta-bitonci-tempo-regolamentazioni-2302436900774.shtml

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/padova-lo-scoop-i-patti-segreti-il-centro-sociale/19785

Venezia, 17 gennaio 1986: 30 anni fa il rogo di Coin. Il senso di un dazio gigantesco.

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Daniela Masnada (25 anni, incinta di quattro mesi, lavorava come telefonista), Fernanda Mazziotta (direttrice della filiale) Emilia Merlo (una cliente che si trovava a far compere con il marito), Walter Ruffato (operaio), Franca Tagliapietra (commessa).

Tracce di memoria personale nella memoria collettiva: avevo 16 anni, giusto 30 anni fa, il 17 gennaio 1986. La notizia di quei 5 (anzi 6 morti) mi raggiunse mentre ero in ospedale, ricoverato per sottopormi ad un banale intervento di appendicectomia. A qualche reparto di distanza mi raggiunsero anche i feriti (in totale 13) di quel rogo ai magazzini Coin di Venezia, una delle tragedie più dure e angoscianti per la città dal dopoguerra ad oggi.

Asfissiati, ustionati a causa di una scintilla caduta sulle resine durante una serie di lavori di ristrutturazione. Imprigionati in una gimkana di imprudenze, di inferriate alle finestre, di difficoltà nei soccorsi, di fragilità strutturali proprie di una città intera. Quei morti rappresentano per sempre un dazio gigantesco, con il quale la coscienza collettiva di questa città ha il dovere di fare i conti. Trent’anni fa le famiglie di Daniela Masnada e Franca Tagliapietra non vollero un rito funebre collettivo: una scelta che ebbe il sapore di un atto d’accusa collettivo, che non va dimenticato.

Il destino storico di questa città ha voluto che esattamente dieci anni dopo quella tragedia,Schermata 2016-01-17 alle 08.37.21 (giusto vent’anni fa, il 29 gennaio 1996) fosse il rogo del teatro La Fenice a diventare simbolo, oltre che delle irresponsabilità, della fragilità e dell’insicurezza su cui si regge strutturalmente Venezia. Non si può dire che la tragedia di Coin sia una pagina dimenticata, ma di certo offuscata dalla distruzione de La Fenice. Personalmente mi colpisce il fatto di non aver riscontrato tracce di ricordo pubblico, rituale e collettivo, di queste vittime.

Probabilmente era più facile affidarsi alla rinascita della Fenice, simbolo non solo di una ricostruzione fisica ma anche dell’inizio di una conquista di sicurezza per Venezia. Ma quei morti restano lì e, sebbene non possano rinascere, possono e debbono ricordarci che Venezia ha un disperato, persistente bisogno di sicurezza.

Non è vero che in questi decenni non sia stato fatto nulla. Figure come Alfio Pini, (per anni comandante dei Vigili del Fuoco di Venezia e poi del Triveneto, che affrontò l’emergenza dell’incendio della Fenice) hanno dato un contributo determinante nella messa a regime di una rete idrica antincendio in grado di difendere le zone più a rischio.

Ma già nel febbraio 2010, quando la Giunta Cacciari rivendicò la “realizzazione di oltre 35 km. di condotte e di 693 idranti piazzati in posti strategici della città che già coprono il 100% delle aree ad alto rischio” era chiaro un problema: “c’è sicuramente ancora da fare. Il costo per il completamento della rete idrica si aggira sui 18 milioni di euro. Speriamo che i finanziamenti di Legge speciale possano riprendere per completare, anche grazie a quelli e alle vendite patrimoniali, la messa in sicurezza della città”.

A distanza di qualche anno, proprio in questi giorni, il sindaco Brugnaro ha ribadito il concetto reclamando per Venezia i soldi necessari per la sua manutenzione: “le bricole che marciscono vanno cambiate, i rii vanno scavati altrimenti non ci passano né barchini né ambulanze, i masegni che sostengono le rive non ce la fanno più scavati dal salso…”. E poi, appunto, la necessità di risorse per procedere con “il completamento della rete degli acquedotti antincendio”.

In questi giorni si è detto che le parole del sindaco non rappresentano nulla di nuovo, se non un richiamo ulteriore rispetto a quelli già lanciati (verso Roma, invocando finanziamenti) dai suoi predecessori.

Politicamente è una precisazione corretta, malgrado rappresenti una magra consolazione. La realtà è che questo è un problema collettivo, così come deve essere collettiva la memoria di quei morti. Impegnarsi per esigere ed ottenere un conto sempre aperto per la difesa e la sicurezza di questa città è uno dei modi per avere un risarcimento collettivo di quel gigantesco dazio. E, forse, di dare un senso ad una tragedia così assurda.

L’alto gradimento per Brugnaro sindaco: perché no?

Leggo, sul sito di Italia Nostra Venezia, un commento che mi lascia sconcertato.

Titolo: ‘Un sondaggio cui forse hanno risposto solo alcuni commercianti’’.
Svolgimento: “Il sindaco che ha riportato le automobili nel centro di Mestre, che vuole scavare la Laguna per far entrare le grandi navi a Venezia, che ritiene che i flussi turistici vadano incentivati ulteriormente, sarebbe stato votato come il secondo in Italia per popolarità. Usiamo il condizionale perché la notizia non può, non deve corrispondere al reale sentire dei veneziani”.

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Su quel secondo posto nazionale conquistato da Luigi Brugnaro grazie al sondaggio annuale realizzato da Ipr Marketing per Il Sole 24 Ore sul gradimento degli amministratori locali, si possono dare e sono già state date più interpretazioni. Dalla teoria del ‘populismo che vince’, a quella della ‘luna di miele che deve ancora finire’ a quella del ‘la comunicazione conta più di ogni altra cosa, indipendentemente dalle cose che un sindaco fa o non fa’.

Se da un lato, di fronte all’esito di questo sondaggio, i portatori di coscienza critica non hanno motivo per scoraggiarsi e deprimersi (le idee di città e i giudizi politici, quando ci sono, non dovrebbero mutare a seconda delle percentuali di gradimento: quello è un costume che è bene lasciare semmai ai politici), al tempo stesso la reazione di Italia Nostra è da ritenersi quella più sbagliata.

Innanzitutto perché rivela un’inguaribile spocchia, identificando con superficialità, nella categoria dei commercianti, la summa dei mali che hanno condotto alla vittoria di Brugnaro sette mesi fa ed oggi ad un successo di gradimento che addirittura spinge il sindaco ad incrementare i consensi di 8-9 punti rispetto al giugno scorso. Una visione sbagliata, se non altro perché è veneziano-centrica, schiava di un approccio che si concentra sulle questioni e sugli interessi lagunari, dimenticando che il corpo elettorale di questo Comune vive nel 75% dei casi in terraferma ed è legato per buona parte alle dinamiche di terraferma. Se poi ci si vuole aggrappare alla fallibilità dei sondaggi, liberi di farlo: ma chi ha il diritto di rivendicare credibilità e verità in tasca per poter dire che il gradimento di Brugnaro non corrisponde, anzi imperativamente, ‘non deve corrispondere al reale sentire dei veneziani’?

italia nostraMi piacerebbe piuttosto capire il gradimento di Italia Nostra e di chi, con lo stesso piglio, si scandalizza per questo sondaggio, su una serie di punti che ovviamente non esauriscono il panorama ma possono toccare alcuni nervi di natura politica.

1. Quanto gradite oggi il senatore Felice Casson? Gradite il fatto che, dopo la sconfitta al ballottaggio del 14 giugno, il candidato sindaco si sia eclissato totalmente rinunciando ad esercitare il suo doveroso ruolo di primo oppositore all’amministrazione Brugnaro?

Carceri: Senato; Lega protesta in Aula, 'Ministro vergogna!'

2. Quanto gradireste le dimissioni di Casson da consigliere comunale, vista la sua sostanziale inutilità in questa veste? Gradireste perlomeno un impegno moltiplicato 100 rispetto a quello che in sette mesi Casson ha profuso?

3. Quanto gradite che il primo partito di opposizione, ovvero il PD, fatta salva la dignitosa battaglia condotta da alcuni eletti a Cà Farsetti e nelle Municipalità, si stia avviando ad un congresso guerrafondaio, che sta facendo notizia solo per i regolamenti di conti interni e che non appare perciò in grado di esprimere uno straccio di idee solide e condivise per questo territorio?

4. Quanto gradite l’assenza di una classe politica di opposizione in grado di esprimere almeno quei 3-4 leader locali che abbiano la capacità di trascinare ed orientare, con proposte chiare-non balbettate e soprattutto con valori e visione politica di una certa lungimiranza, quegli orfani sbandati ed al momento in buona parte parcheggiati in una sorta di campo profughi compreso tra PD, M5S e sinistra?

5. Perché il reale sentire dei veneziani non dovrebbe essere, in via maggioritaria e crescente, a favore del sindaco Brugnaro? Perché, nel contestare il gradimento alla gestione e alle scelte di Brugnaro, auspicate e pretendete il gradimento ad un’alternativa vuota, incapace al momento di intercettare la città con idee, scelte e forza di traino? Gradireste per caso l’adesione dell’opinione pubblica veneziana ad una voragine politica determinata dallo smantellamento, crescente ed al momento irreversibile, di ogni organizzazione, pensatoio, pensatori, reti di coinvolgimento concreto dei cittadini?

Perché questo no facinoroso all’alto gradimento per Brugnaro sindaco?

Appuntamento al prossimo anno: se Brugnaro diventasse primo in classifica, ci sarebbe ben poco di cui stupirsi.

Altro che renziano: Brugnaro si piega all’evidenza e spara sul governo.

Finalmente Brugnaro getta la maschera. Per mesi, complici i traditori del PD che lo hanno sostenuto semi-clandestinamente alle elezioni in cambio di qualche posto da manager e di manciate di promesse sottobanco, ci è stato spacciato il volto di un sindaco-renziano.

Di un marziano in grado di capovolgere da solo le malefatte delle precedenti amministrazioni e di irrorare di ricchezza le aride casse comunali.

Finalmente, allo scadere di questo 2015 epocale per Venezia, Brugnaro cede e si piega all’evidenza di quanto i suoi predecessori già predicavano inutilmente. E nel corso di una conferenza stampa sugli extra costi per la gestione ordinaria della citta, dice papale papale: “Venezia ha una sua specificità, che abbiamo cercato di spiegare tecnicamente. Abbiamo letto la Finanziaria e non abbiamo trovato nulla per Venezia. Abbiamo parlato con tutti, dal ministro della Cultura, a quello dell’Ambiente, al presidente del Consiglio, e anche i nostri collaboratori ci hanno aiutato molto, ma, anche se la Legge Speciale riconosce le nostre peculiarità, purtroppo i conti reali li decide il Governo”.

Brugnaro arrabbiato contro il governo
Il video della sfuriata.

Al grido di ‘vigliacchi’, Brugnaro scarica un intero caricatore sul governo Renzi, sparando ad altezza d’uomo sul ministro Franceschini (“L’area Marciana di Venezia ha bisogno di 40 milioni per evitare il continuo rischio di finire nel degrado piu’ assoluto: dov’e’ il ministro della cultura? E come dobbiamo invitarlo a venire qui?”) e denunciando il silenzio sulle grandi navi, chiedendo a Renzi e al ministro Delrio “ci volete dare una risposta?”. E poi la gestione del Mose, la ztl pedonale per far pagare il turista mordi e fuggi e Porto Marghera: “abbiamo proposto un’attenzione speciale per le bonifiche, non ottenendo niente, mentre alle Terre dei fuochi sono andati moltissimi soldi”.

Un attacco politico che potrebbe stare perfettamente in bocca ad un Renato Brunetta. Certamente di parte, alla faccia dei piddini renziani che lo hanno voluto eleggere sindaco: ora vadano a spiegare a Renzi questa sfuriata del loro beniamino. Un attacco che ha avuto peraltro il suo prodromo nei giorni della provocazione della vendita dei quadri di Klimt e Chagall, per fare cassa: quell’uscita fu una sorta di sostanziale ultimatum al governo.

Ma la sfuriata di oggi non è priva di fondamento. Anzi, Brugnaro ha ragione. Brugnaro si rafforza, perché è riuscito a metterla, come era scontato, su un piano talmente inclinato che d’ora in avanti ogni flop sarà messo in carico al governo Renzi. Alla faccia del renziano.

Al tempo stesso questa sfuriata da iena non ridens dimostra però che Brugnaro non è quel marziano che volevano spacciarci. Da oggi diventa chiaro che quanti lo hanno preceduto, pur con i loro limiti, non sono stati i devastatori della città. E che a Venezia non ci sono eroi, marziani, renziani o Brugnaro che tengano: perché Venezia è speciale e ha costante bisogno di aiuto.