Tra PDestra e sinistra. Quel senso di solitudine politica.

Ieri, gli occhi puntati sul Gazzettino mi hanno letto una notizia sul gradimento (dati Demos) nei confronti del presidente della Regione Veneto e della sua Giunta leghista: “Un plebiscito per Zaia: consensi al 71%. Ma c’è di più: il governatore raccoglie il favore del 73% dei sostenitori del PD”.

Mi sento accerchiato o, più verosimilmente, isolato.

Mi giro da una parte e c’è Debora Serracchiani che, svelandoci la verità del diffuso comune sentire, giudica lo stupro di un profugo che viene accolto più grave di quello di un italiano. Perché il profugo ‘rompe un patto di accoglienza’. Come se fosse più ‘socialmente’ e ‘moralmente’ accettabile, slegato da ogni vincolo comunitario, lo stupro compiuto da un compagno, amico, marito, vicino di casa o compaesano. Forza Nuova ringrazia.

Mi giro dall’altra e vedo il sindaco PD di Treviso, Giovanni Manildo, portare in palmo di mano, nella festante folla degli Alpini, il vecchio Giancarlo Gentilini: un ottimo sindaco che per lustri ha scritto pagine memorabili di xenofobia, omofobia e fascismo sotto le insegne della Lega.

Cerco di guardare in alto e vengo abbagliato dalle lucette bianco-astensione dei consiglieri regionali del PD che in Veneto decidono di non opporsi alla proposta di legge sulla legittima difesa promossa dal leader dei cacciatori e di Fratelli d’Italia, Sergio Berlato. Uno che con le armi ha un rapporto paterno: “Ho una Beretta 9×21 da 15 colpi e lo dico tra il serio e il faceto: spero che non siano più di 13 i malviventi che decidono di entrare a casa mia perché i colpi che mi restano sono per i feriti. Ammesso che ce ne siano”.

Cammino e guardo a terra, pensando alle parole di commiato dai Democratici di un’amica: “Mi sento defraudata e presa in giro, ma soprattutto, all’improvviso, con una enorme paura del disimpegno. L’unica certezza è che il qualunquismo non mi appartiene e non mi apparterrà mai…”. Intanto la Cassazione condanna un indiano Sikh che girava col coltello ‘sacro’ per strada e sentenzia che ‘i migranti devono conformarsi ai nostri valori’. Non alle leggi, ma ai valori.

Ma quali valori?
Andando oltre la mafia, la corruzione, il femminicidio, l’evasione fiscale, il lavoro nero, lo sfruttamento, gli avvelenamenti ambientali a fini speculativi, le truffe bancarie, quali sono i nostri valori condivisi? Quelli delle ricette di Gentilini che consiglia ‘carri piombati per gli immigrati’ e ‘manganelli e olio di ricino per i culattoni’? Quelli dei proiettili sempre caldi in casa Berlato?
Quelli di Forza Nuova che plaude alla Serracchiani o quelli di Zaia e della Lega che governano il Veneto con il plauso dem?

Ho la sensazione di camminare in mezzo ad una distesa di persone che professano il loro essere democratico standosene passivamente a pecorina o strumentalmente inginocchiati di fronte alla cultura dominante dell’odio, dell’intolleranza, della discriminazione e dello sparo come difese più che legittime. Assecondandola senza batter ciglio, svendendo ogni patrimonio rimasto per investirlo sul facile consenso, scegliendo scientemente di non distinguersi in modo netto, giocando tra mille distinguo, sfumature, ‘ma’, ‘se’, ‘però’. Accusando i critici di vecchiume ideologico novecentesco, di rimanere fermi a destre e sinistre che non esistono più.
Sono davvero un vecchio? Probabile: e come molti vecchi provo un senso di solitudine. Politica.

solitudine politica

Chi accudisce le mie idee, i miei sentimenti sociali. Chi mi protegge dalla paura di vivere in una società regolata dalle leggi valoriali dell’odio? Chi mi rappresenta?

Ieri, fisicamente in cammino, alzo gli occhi e davanti a me compare la sagoma di un ‘giapponese nella jungla’. Un altro di quelli che pensa di stare ancora in un mondo dove esistano destra e sinistra. Un po’ per gioco, un po’ per senso del grottesco, un po’ per disperazione, mentre ci avviciniamo per incrociarci sul marciapiede, non sappiamo se alzare il pugno chiuso o il saluto romano. Una pacca sulla palla scioglie il disorientamento.

Il ‘giapponese’ di Mestre è un professionista del sociale. Lavora per le istituzioni. Sa di cosa parla quando si parla di migranti, prostituzione e tratta degli schiavi. Dal suo osservatorio ha sotto gli occhi un desolante panorama che corre lungo tutto lo Stivale. Non è uno di quelli accusabili di mettere la testa sotto la sabbia per ‘buonismo’. Il ‘giapponese’ conosce perfettamente l’inferno di un infinito, lentissimo nastro trasportatore lungo il quale è difficile distinguere tra schiavi e profittatori, tra chi ha pieno diritto internazionale all’accoglienza e chi sfugge alle maglie tanto iper-burocratiche quanto iper-sfinite per mancanze strutturali. Non sarà il decreto Minniti-Orlando, con i suoi giudizi senza appello sul destino di ogni donna o uomo, a garantire maggiore giustizia e umanità. Al massimo, il nastro trasportatore di carne umana andrà avanti più spedito.

‘I problemi ci sono – dice il ‘giapponese’ – ma come fai politicamente a calarli in questo modo?’,senza distinguere, vergognandosi come ladri di parlare di questioni umanitarie, consentendo in modo complice che tutti questi esseri umani, a patto siano ancora vivi, arrivino alla fine corsa del nastro cadendo poi in pasto ad un’opinione pubblica di coccodrilli senza lacrime?

Con il ‘giapponese’ parlo dell’inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che l’altro giorno ha portato all’arresto di 68 persone, compreso il parroco di Isola Capo Rizzuto, accusato, tra le altre cose, di associazione mafiosa. Il Cara di Crotone, uno dei più grandi d’Europa era in mano alla ‘ndrangheta. Da dieci anni. Su 103 milioni di euro di fondi Ue, che lo Stato ha girato dal 2006 al 2015 per la gestione del centro dei richiedenti asilo di Crotone, 36 sono finiti alla cosca degli Arena.

‘I problemi ci sono’ e pure grossi. Ma proprio perché ci sono mi chiedo perché nessun politico abbia prestato attenzione alle parole del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri: “Nel Cara di Isola Capo Rizzuto, abbiamo filmato anche la qualità del cibo: noi di solito quel cibo lo diamo ai maiali”. Sono questi i valori da difendere contro i profughi ‘che si lamentano pure del cibo’? Perché nessun democratico, invece di inseguire la PDestra, non apre bocca?

Intanto, all’angolo di strada arriva un terzo ‘giapponese’. Si inserisce al volo nei discorsi, sembra un ritrovo di clandestini. Ci si guarda a sinistra, “ma se non ci sarà unità nemmeno tra quelle forze sperse, dove si va? Ce la raccontiamo e ce la spieghiamo. E poi? Ciao, alla prossima”.

Le strade dei ‘giapponesi’ si separano: c’è chi va a destra e chi a sinistra.
Almeno quelle esistono ancora.