Galan, cessi e processi: l’ipocrisia di una Piazzale Loreto in salsa veneta.

galan scritte

15 anni di Impero. E poi un effluvio di fogna al sapore di tangenti, scandali, vitalizi scandalosi e mancate dimissioni da parlamentare. Eppure, il culmine della furia da linciaggio si è registrato in questi giorni, alla notizia dei cessi sradicati da Galan al termine del suo trasloco da Villa Rodella di Cinto Euganeo.

Potevamo, pur sommamente incazzati, accettare tutto. Ma che Galan abbia osato rubare anche i cessi e i rubinetti, sottraendo questi beni preziosi alla confisca dello Stato, questo no. E’ inaccettabile. Il trasloco di Galan e famiglia dalla residenza che è stata per anni una specie di Arcore veneta è stato un evento seguito al microscopio, con minuziosissima attenzione di giornalisti, osservatori e opinione pubblica. Se in quei 15 anni di Impero ci fosse stata solo la metà di questo voyeurismo attento, sono convinto che Galan sarebbe andato nelle peste molto prima.

Ma tant’è: i cessi sradicati hanno scatenato l’intramontabile ed ipocrita indole da Piazzale Loreto. Se esistessero ancora i cessi con la catena, è con quella che in molti appenderebbero Galan a testa in giù.

Galan presidentePeccato che in 15 anni di Impero non ci sia stata una dittatura: anche senza l’ausilio dei libri di storia, risulta che il Veneto, tra il 1995 e il 2010, sia stato retto da un sistema democratico. Elezioni regionali 1995: Giancarlo Galan prende 1.117.377 voti (38,3%). Elezioni regionali 2000: Galan incrementa e la sua candidatura a presidente conquista 1.485.754 voti (55%). Nel 2005 Galan tiene e vince per la terza volta, portandosi a casa 1.365.698 voti e varcando ancora la soglia del 50% dei consensi.

Peccato che in 15 anni di Impero non ci sia stata una Resistenza: i candidati oppositori a Galan, su tutti Massimo Carraro e Massimo Cacciari, si sono sciolti come neve al sole, abbandonando nei fatti il loro ruolo. Il centrosinistra, annichilito da un mix letale composto da inciuci anche delinquenziali, leader dignitosi che però hanno preferito fare i sindaci, e schiere di mediocri, non è stato in grado di incidere per cercare di abbattere l’Impero. I veneti se ne sono sostanzialmente strafregati.

Peccato che in 15 anni di Impero anche chi oggi sforna libri, memorie e denunce, non abbia mai fatto barcollare per un attimo quel sistema che oggi tutti snoccioliamo alla perfezione, fatto di imprese, appalti, strade e stradoni, buffet, inaugurazioni in pompa magna e magnifici pompini giornalistici.

In 15 anni non c’è stata dittatura e non c’è stata Resistenza. Se il Piazzale Loreto che mise a testa in giù Mussolini fu una vergogna, tuttavia spiegabile con la rabbia che sgorgò dopo anni di regime autoritario, questo Piazzale Loreto in salsa veneta non trova giustificazioni. Perché è un’ipocrita indignazione post mortem, senza che in 15 anni ci sia stata una significativa, massiccia opposizione e critica, politica e civica, al potente Galan, oggi decaduto e politicamente deceduto.

Farne oggi carne di porco, sputargli metaforicamente in faccia, prenderne a calci la testa e magari defecarci sopra Galan traslocavendicando così i cessi rubati, è solo un’operazione miserevole, non meno dei cessi sradicati, che amplia a dismisura, a seconda dei casi, la vigliaccheria nel non essersi opposti o il menefreghismo o l’incapacità nell’opporsi a quel sistema di potere. O la comodità che ne derivava dal non opporsi. E’ la vendetta insomma di un popolino che per 15 anni è stato in misura significativa complice: per scelta, per inesistente senso civico o per interesse, e che oggi si finge popolo.

Se Galan è morto, il suo successore è però vivo e vegeto. Luca Zaia è stato per lunghi anni, in varie vesti, protagonista dei governi galaniani. Il passaggio di consegne, sebbene effettuato come operazione di rottura, non gli può tuttavia garantire l’aureola del (se non altro) politicamente innocente. Eppure Zaia, come il Galan dei tempi migliori, governa sempre in una sorta di stato di grazia e immunità. Di fronte alle raffiche di indagini e di arresti che hanno coinvolto negli ultimi anni dirigenti e dipendenti regionali, l’immagine di Zaia rimane sempre quella di uno che è sbarcato da Marte l’altro giorno.

E così vale per vicende di mala-amministrazione come quella di Cà della Robinia, con l’utilizzo di fondi erogati per la costruzione di una fattoria didattica ma dirottati per altri scopi. E così vale per il recente dossier depositato in Procura sul sistema di consulenze che da anni vige nel settore della Formazione o per il tentativo (per il momento rinviato dopo la denuncia dell’opposizione) di inserire modifiche significative al regolamento della legge sul commercio, che avrebbero consentito di trasformare fette rilevanti di aree agricole in terreni ad uso commerciale, agevolando in tal modo un’operazione che riguarda da vicino il vice Presidente della Regione, Gianluca Forcolin.

TORRAZZA COSTE - VERTICE SUL VINO DEI PRESIDENTI REGIONE LOMBARDIA, PIEMONTE E VENETO - NELLA FOTO LUCA ZAIA

Zaia non è mai responsabile di nulla. Governa, ma le responsabilità, gli errori, le colpe, sono sempre di altri. Anzi, quando i buoi sono scappati o stanno per scappare dalla stalla, è lui il primo a farsi paladino della giustizia e della trasparenza. Ma, per completezza del quadro, va aggiunto che è sacrosanto esigere altrettanto da Zaia, oltre che ovviamente dalla magistratura. Ad esempio, qualche giorno fa Marco Milanese, imputato per corruzione in un troncone del processo Mose e factotum dell’ex ministro Giulio Tremonti ha dichiarato che ‘il Mose era diventato in quel periodo la bandiera della Lega. Zaia aveva fatto capire che si sarebbe fatto e Tremonti aveva rapporti strettissimi con il Carroccio’. Ad esempio, nel maggio 2013, l’ex tesoriere della Lega, Belsito, parla del pagamento di un milione di euro alla Lega Nord del Veneto da parte di Siram, multinazionale francese specializzata in appalti ospedalieri. E aggiunge: ‘verosimilmente questa richiesta di denaro serviva a non avere problemi da parte di Siram per gli affari in Veneto o comunque per avere i favori della politica locale. Anche Zaia fu informato di tale pagamento’.

Zaia, fino a prova contraria, è un presidente pulito. E c’è da augurarselo sempre. Sempre a patto che, a differenza dei 15 anni di Impero Galan, tutta la smania da Piazzale Loreto di oggi si trasformi in attenzione civica e politica vera sull’operato del governo Zaia. Perché ogni nuovo eventuale, piccolo o grande linciaggio post mortem, sarebbe davvero imperdonabile.

IL SUDORE E LA POLITICA: RIFLESSIONI DI UN LOTTATORE DI SUDO.

Io sono un lottatore di sudo. sudo

Per tutta la mia vita sono stato costretto (e lo sarò fino al giorno in cui perirò avvolto nel mio sudario) ad ingaggiare una battaglia impari. Perché sudo sia da fuscello di 70 chili (è accaduto una sola volta, nel 2005) sia da panzer che getta l’adipe oltre l’ostacolo del quintale (l’ultimo lancio-record, omologato controvento, è di quest’anno). Sudo sia in condizioni di totale pace interiore che di stress opprimente. Sudo anche d’inverno, figurarsi d’estate. Figurarsi in un’estate come questa, con punte che gli esperti collocano come le più calde degli ultimi 136 anni. Io sono un lottatore di sudo perché mi vergogno di mostrare urbi et orbi il mio sudore, che a volte è così torrenziale da penetrare persino attraverso lo spolverino da mezza stagione. Non è nemmeno una questione di cattivo odore: da anni ho trovato il mio deodorante perfetto, di cui, per motivi pubblicitari, non farò il nome. È proprio una questione di dignità personale: sudare mi fa vergognare. Una delle strategie di deterrenza che adotto è quella di coprirmi il più possibile, convinto che valga la pena soffrire se la contropartita è quella di nascondere il mio sudore. D’obbligo in questo senso la maglietta della salute permanente, sotto camicia. Persino sotto polo, che sfortunatamente non è mai nord.

La battaglia resterà sempre disperata. Ma il sudore è davvero una cosa così vergognosa? È politically correct o scorrect? Qual è il rapporto tra sudore e politica? Domande destinate a diventare un vero tormentone estivo…

Il primo che, in tempi moderni, ci mise la faccia imperlata fu Giuseppe Garibaldi“Non ho null’altro da offrirvi se non sangue, fatica, lacrime e sudore” disse al Parlamento della Repubblica Romana, quella che per una manciata di mesi del 1849 riuscì a tenere sotto sfratto nientemeno che il Papa, dovendosela però vedere con i francesi che, malgrado l’enorme sproporzione a favore di uomini e mezzi, dovettero sudare sette camicie per rimettere Pio IX al suo posto.

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13 maggio 1940. Blood, Toil, Tears and Sweat.

La cosa abbastanza sorprendente è che quasi un secolo dopo, il 13 maggio 1940, del sudore retorico di Garibaldi si impregnò il discorso di Wiston Churchill alla Camera dei Comuni. Era il suo primo discorso da Primo Ministro della Gran Bretagna,  nei giorni della disastrosa battaglia di Dunkerque vinta dai tedeschi contro gli anglo-francesi. Churchill quel giorno ribadì ‘al Parlamento, come ho detto ai ministri di questo governo, che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a noi la più terribile delle ordalìe. Abbiamo davanti a noi molti, molti mesi di lotta e sofferenza”. 

Nella politica di guerra il sudore diventa dunque benzina di combattimento, di sopravvivenza.

La sintesi perfetta la diede in questo senso il Generale George Smith Patton che in un messaggio alle truppe americane prima dello sbarco a Casablanca nel novembre 1942 sentenziò: “Una pinta di sudore fa risparmiare un gallone di sangue”.

hitler sudoreMussolini nel sudore ci inzuppava il pane “cuore della casa, profumo della mensa, gioia del focolare. Rispettate il pane, sudore della fronte, orgoglio del lavoro, poema di sacrificio”. Hitler invece ci si inzuppava direttamente nel corso dei suoi schizofrenici comizi e viene da pensare che avrebbe dovuto provare lo stesso sudore, soprattutto freddo, di chi per suo volere venne infornato.

Olema Righi, la 'partigiana in bicicletta'.
Olema Righi, la ‘partigiana in bicicletta’.

Poi venne la Resistenza. Chi ebbe modo di versare molto sudore alla causa furono sicuramente le donne (“E’ con la Resistenza che le donne entrano impetuosamente nella storia e la prendono nelle loro mani” ha detto Marisa Cinciari Rodano nella seduta straordinaria della Camera dedicata al 70°anniversario della Liberazione) ed in particolare le staffette partigiane. A piedi, di corsa, in bicicletta, percorrendo boschi, sentieri e montagne, queste donne scrissero una vera e propria epopea del sudore. Tra loro, due donne che successivamente diventarono protagoniste della scena politica italiana: Tina Anselmi, la prima donna a ricoprire il ruolo di ministro, e Nilde Iotti, a lungo Presidente della Camera dei Deputati.

boldriniAnche l’attuale Presidente della Camera, Laura Boldrini, è entrata suo malgrado nella narrativa del sudore. I giornali di destra non hanno mancato infatti di bersagliarla per la sua ascella pezzata mentre si recava alla prima del film di Walter Veltroni ‘I bambini sanno’.
 Come se fosse un delitto o una vergogna sudare (lo dico anche a me che me ne vergogno).

Lo sudo-storytelling disse certamente malissimo a Richard Nixon. Nel 1960, in occasione delle elezioni presidenziali USA, si tenne quello che è considerato come il primo dibattito politico in tv della storia. A fronteggiare Nixon il candidato democratico John Fitzgerald Kennedy. Non c’è dubbio che JFK non vinse solo per questo motivo. Però resta impietoso l’accostamento iconografico tra un Kennedy molto sicuro e a suo agiokennedy2 negli studi televisivi della Cbs ed un Nixon immortalato mentre, con una certa ripetitività, si deterge il sudore con l’ausilio del fazzoletto che assomiglia ad una bandiera bianca. Gli spettatori furono 70 milioni e quel sudore costò caro. Nixon voleva comandare il suo Paese ed una bella fetta di mondo: ma scoprì che al sudore non si comanda.

che 2Comandante invece sicuro e pure sudato fu Che Guevara. Quando l’Ernesto si diede al lavoro volontario collettivo domenicale, lo fece di brutto. Prima, alle 8 del mattino, partiva con un breve comizio a beneficio di lavoratori e contadini. E poi proseguiva la giornata rivoluzionaria triturando pietre in cava, tagliando e raccogliendo canna da zucchero, scaricando enormi sacchi di riso. Più che ovvie e giustificate le sue sudate torrenziali. Benchè il Che detestasse, a suo dire, la facile propaganda, non potè sottrarsi dall’occhio di fotografi e cineoperatori. Accettò di farsi riprendere ad una sola condizione: che anche i reporter, dopo gli scatti e le inquadrature, si mettessero a faticare e grondare di sudore. Una sauna collettiva insomma.

Altro leader che, questa volta tragicamente, mostrò a fotografi e telecamere il suo sudore, fu Enrico berlinguer 2Berlinguer. Nel suo ultimo comizio a Padova, il 7 giugno del 1984, prima di entrare in coma e morire colpito da ictus, lo si vede asciugarsi a più riprese la bocca. Sono immagini drammatiche che ne hanno, se possibile, accresciuto ancor di più il mito di uomo politico nel quale fatica e sacrificio, sangue e sudore non sono state figure retoriche da sfoderare in comizio. Sono state testimonianza fisica, reale, di attaccamento e di lealtà, fino all’ultimo, a precisi valori ed ideali politici.

5ac45-berputDa Berlinguer a Berl…usconi: nel Pantheon politico-saunistico non può mancare l’immagine dell’ex Cavaliere mentre deterge la fronte di Vladimir Putin nel corso di una conferenza stampaNoioso ogni tipo di interpretazione, meglio abbandonarsi all’ironia di chi, e non solo per questo episodio, intima un satirico ‘altolà al pudore!’ degno del primissimo Beppe Grillo.

(da www.spinoza.it)
(da http://www.spinoza.it)

L’ascesa del genovese in politica è indiscutibilmente arrivata anche a colpi di sudore, quelli che contraddistinguevano ogni suo spettacolo-denuncia e che continuano a segnare i suoi comizi di piazza. Incazzato, urlante, sfigurato, Grillo ha condensato nella maschera del sudore i suoi tratti più veraci e ribelli. Tra ironia e verità, alla vigilia dell’evento ‘Woodstock 5 Stelle’ tenutosi nel settembre 2010 a Cesena, il leader invitava così i suoi fans: ‘Sto già provando i blues alla tastiera, Woodstock lo avete voluto voi e non potrete lamentarvi se suonerò, canterò, vi bagnerò di sudore dal palco per un’ora’.grillo sudato-001

Di gocce di sudore a freddo, dispensate all’interno di comunicati stampa o attraverso frasi-cliché dalla discutibile empatia, ha senso parlare nel caso di Renato Brunetta: ‘finché si andrà avanti con la politica economica europea di Angela Merkel, la politica economica del sangue, sudore e lacrime, non ci potrà essere ripresa’. Oppure nel caso di Enrico Letta: ‘Senza fatica e senza sudore non si va da nessuna parte’. Oppure ancora nel caso di Matteo Renzi‘Questo Paese lo cambiamo, con sudore e fatica e con l’aiuto di tutti voi’.

Restando in tema di default-o-ripresa, quelli provati ultimamente dal Premier greco Alexis Tsipras sono stati invece autentici sudori freddi: questa almeno è l’immagine più usata a livello giornalistico per descrivere le giornate e le ore di angoscia di Tsipras in attesa di un accordo, di un prestito, o meglio di una grazia da parte dell’eurogruppo a trazione tedesca.

Decisamente fredda senza allegorie è Angela Merkel. L’unico liquido salinico che ha saputo scatenare con una certa potenza è il fiume di lacrime della ragazza palestinese, terrorizzata all’idea di doversene tornare al campo-profughi in Libano. Con lei la teutonica non ha usato molti giri di parole: ‘Non possiamo accogliere tutti gli immigrati del mondo”.loadimageid.php

Non si fa in tempo a pronunciare la parola ‘immigrati’ che spunta Matteo Salvini, il politico italiano del momento. Fresca fresca del 17 luglio la sua dichiarazione sulla rivolta di Quinto di Treviso, che chiude questa carrellata del sudore: ‘Comprendo l’esasperazione e la rabbia dei residenti che si sono sudati con anni di sacrifici la casa, che oggi rischia di non valere un accidente’.

La saga ‘sudore e politica’, sotto molteplici forme, proseguirà come in un’eterna estate. Io inevitabilmente proseguirò a fare il lottatore di sudo. E anche se quest’estate torrida dovesse finire c’è poco da illudersi: dietro l’angolo ci attende, come sempre, un autunno caldo…